Il gioco ha accompagnato l’umanità sin dagli albori della civiltà umana e anche nell’antica Roma i “ludi” erano ampiamente diffusi tra giovani e adulti. La capitale dell’impero del resto nella sua storia si è trasformata nella patria dei ludi gladiatori e delle corse sulle bighe e una massima degli antichi romani ricordava che gli imperatori più amati erano osannati dal loro popolo grazie ad un attento mix di panem et circenses… Un concetto ripreso anche dai Papi, successori a livello temporale e spirituale del potere degli antichi domini della città, che non disdegnarono di concedere ai romani divertimenti di vari tipi (corse di cavalli, giostre, feste patronali, Carnevali, tombole, etc.) pur nell’ottica di una nuova etica religiosa senz’altro più attenta al rigore dei costumi e avversa agli spargimenti di sangue. Diversi editti papali ad esempio cercarono di limitare il gioco d’azzardo in città sebbene ad esempio la morra, antico passatempo risalente al tempo degli egizi e adottato poi anche dagli antichi romani, rimase estremamente diffuso. Non era infatti infrequente, anche dopo la breccia di Porta Pia che portò all’annessione dello Stato della Chiesa nei territori della nascente Repubblica italiana, imbattersi in popolani intenti a gridare numeri mimati simultaneamente con le mani e impegnati a indovinare le somme risultanti dal computo delle dita per vincere le scommesse messe in palio dai contendenti che si fronteggiavano (da due a più partecipanti). Un passatempo che spesso finiva per trasformarsi in tenzone con i giocatori che afferravano i tre scrocchi (i temibili coltelli tradizionali romani) e riempivano gli ospedali e i campi santi della città di feriti e morti in duelli e aggressioni all’arma bianca generati dalle liti per la morra.
Anche i giochi di carte erano popolari. Oggi con l’esplosione dell’era digitale e l’offerta di intrattenimenti online tra tavoli da blackjack, roulette e slot machine, è sempre più difficile vedere un gruppo di persone smazzare al bar ma nella Roma papalina era abitudine comune. Le osterie erano il luogo d’elezione per questo genere di intrattenimenti e nonostante i divieti, il volgo si dilettava di frequente con i mazzi romani (versione locale a 40 carte in stile spagnolo che ai re, ai fanti e ai cavalli sostituiva imperatori, centurioni e legionari). La popolarità dei mazzi era tale che nel XVI secolo Sisto V decise di appaltare la fabbricazione delle carte per trarne profitto e proventi da assegnare all’Ospedale dei poveri mendicanti. Erano diffuse anche carte senza bollo papale contrabbandate in particolare per il gioco in osteria. Bartolomeo Pinelli, celebre incisore romano vissuto a cavallo tra XVIII e XIX secolo, produsse un celebre ritratto dei giocatori di zecchinetta (un gioco di carte importato in città dai Lanzichenecchi che saccheggiarono la Città Eterna nel 1527) intenti a smazzare appoggiati sulle rovine di un vecchio rudere romano. Anche Giuseppe Gioachino Belli, poeta romanesco coevo al Pinelli non mancò di ricordare nei suoi sonetti in vernacolo lo “Zecchinetto” citato in particolare nel sonetto Li Chìrichi. Nel film Il marchese del Grillo di Mario Monicelli con Alberto Sordi nei panni del nobile guascone, viene riprodotta nel minimo dettaglio una scena di gioco a carte in osteria che immancabilmente finisce con i coltelli in pugno e che rimanda una preziosa ricostruzione visiva di quello che poteva essere l’ambiente di un’osteria romana di fine ottocento.

Sempre le osterie erano il teatro di animate sessioni di Padrone e sotto o Passatella, un gioco tradizionale che vedeva un gruppo di persone sottomesse alle leggi di un “Signore delle bevute” che decideva a chi passare il bicchiere carico di nettare inebriante. Un passatempo che lasciava spesso uno degli astanti “ormo” ovvero a bocca asciutta e costretto a pagare i conti presentati dall’oste. Proprio la messa alla berlina di uno o più partecipanti agitava turbolente discussioni che come al solito potevano terminare con feriti di arma da taglio e morti ammazzati. In tema di Passatella, una ricostruzione visiva interessante di questo gioco caratteristico è fornita da Er più – Storia d’amore e di coltello di Sergio Corbucci con Adriano Celentano nei panni di un improbabile bullo romanesco dei primi dell’ottocento che per l’appunto riprende una tesa sessione di Passatella tra calici, partecipanti ebri e altri che sono costretti a “reggere l’ormo”.
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