Sono state celebrate due Sante Messe ad un mese di distanza dalla morte cruenta di Willy Duarte Monteiro ,Peppino come lo chiamavano i suoi cugini, una nella chiesetta tanta cara ai suoi genitori ai Cappuccini e l’altra a Santa Maria Pugliano.
Per te è venuto anche il sacerdote capoverdiano a celebrare e ti ha paragonato a San Francesco, non lo ha detto, ma lo ha lasciato capire chiaramente nella sua omelia.
Intanto le due lettere che hanno scritto la sorella Milena ed i cugini stanno facendo riflettere e ci auguriamo che i giovani la leggano per intero. Noi cominciamo dai tuoi cugini che ti hanno scritto una lettera pubblica, esaltano giustamente quello che tu avevi dentro: “Hai insegnato a tutti a valorizzare valori ormai perduti come l’importanza della vita, l’altruismo, la pace e soprattutto, l’inutilità della violenza”. Inoltre, Tuo cugino lancia ancora un’ulteriore appello, come segno ancora di fratellanza: “Io desidero rivolgermi invece alle istituzioni,- alla legge e a tutti gli italiani. – afferma con decisione suo cugino- Quello che è successo è un scempio, una tragedia inaccettabile. Eventi di questo tipo non dovranno più accadere. Il dolore infinito che proviamo, non lo auguriamo a nessuno, soprattutto se questo passa da una giovane vita che si spegne, in modo brutale. Vero Peppino? La giustizia deve fare il giusto corso e le persone che hanno “giocato” con la tua vita, dovranno rispondere di ogni loro azione, affinché sia di esempio per tutti e ci aiuti a diventare persone migliori.”
Mentre l’adorata sorella Milena (Milli per gli amici) nella sua lunga lettera affranta da un dolore che ancora non si placa (i questi giorni ha iniziato a lavorare presso la segreteria del Sindaco di Colleferro Pierluigi Sanna, un uomo concreto e davvero amministratore pubblico unico nel Lazio): “sto annegando nel dolore, nello stress, nel vuoto. Se solo ti fossi girato dall’altra parte. Poi l’invito agli altri ragazzi. Non lo accetto e non lo accetterò mai… – scrive Milli– Spero almeno che il tuo sacrificio serva a far capire alla gente che con la violenza non si risolve nulla, che la violenza serve solo a farci rimanere in un mondo che non si evolverà mai, che se si ha bisogno di sfogarsi, di dare cazzotti e calci ci sono sacchi da box e che ammazzare di botte una persona è un gesto associato ad un mostro e non ad una persona. Spero che ora i ragazzi ci penseranno due volte prima di fare a botte perché non vi fa fighi, non siete grossi, non siete invincibili, non siete uomini, non siete ragazzi, siete animali”.
Sono questi i due passaggi più convincenti e genuini che il cugino e la sorellina hanno espresso dopo un mese di meditazione e soprattutto dopo i calorosi abbracci che ricevevano tutti i giorni da un ragazzo veramente d’oro. Più di qualcuno ha scritto che merita gli onori dell’altare, sia per la fede che ha sempre espresso e sia per il gesto che lo ha portato alla morte cruenta perché stava portando il sorriso ad un suo amico.
Giancarlo Flavi
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