Roma-Cassino, domenica da incubo per i pendolari

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«Non si può stare sulla banchina, dovete scendere dal treno», inizia così l’incubo per i pendolari della tratta Roma-Cassino. È una domenica di fine luglio, fa caldo, c’è chi torna a casa dopo un lungo viaggio carico di bagagli. C’è chi è andato a fare una passeggiata e per impattare meno sull’ambiente ha deciso di prendere il treno.

La stazione Termini sembra piena in realtà le persone che cominciano ad ammassarsi al di là dei divisori in plexiglass, vicino ai binari, sono quelle che aspettavano treni che non sono mai partiti. Stavolta il problema è sulla linea Roma-Cassino, una delle più sfortunate. Nonostante i lavori di potenziamenti annunciati a gran voce c’è sempre qualcosa che non va. Soprattutto a Colle Mattia, dove si concentrano la maggior parte dei disastri. Ieri un incendio, per esempio. Qualcuno sorridendo dice che forse è arrivato il momento di chiamare padre Amorth, il famoso esorcista. Forse può più lui che i tecnici di Trenitalia. o

Fase I: la spola da un treno all’altro

Il sorriso comincia a spegnersi quando lo speaker annuncia che il treno delle 17:45, che aveva accumulato 40 minuti di ritardo, è stato del tutto soppresso. Il pendolare abituato sa che sta per avere inizio l’odiosa spola da un treno all’altro. Quindi ci alziamo, prendiamo borse e valigie e andiamo a cercare un altro treno. Il prescelto è Caserta delle 16:55, con un ritardo di 90 minuti e su cui sono già saliti i passeggeri di un altro treno soppresso. Quello che va a Venafro e i cui passeggeri dovranno arrivare a Cassino e da lì prendere un bus sostitutivo.

Vigono le misure di sicurezza anti-Covid, tutti portiamo la mascherina, ma stiamo in piedi perché non possiamo sedere sui sedili interdetti. Tuttavia, si cerca di mantenere le distanze e un certo ordine. Il tempo passa, finalmente le porte si chiudono, sembra stia per partire. La speranza si sgonfia come un soufflé quando le porte si riaprono e il controllore ci intima di scendere.


Fase II: oltre al danno la beffa

Perché?, chiediamo. Sono ore che aspettiamo di poter partire, questo è il primo treno disponibile, abbiamo tutto il diritto di starci. La risposta? Perché per via del Covid non possono esserci persone in piedi nello spazio tra un vagone e l’altro. È chiaro che i passeggeri si rifiutano di scendere, perché non è giusto. Se Trenitalia non è in grado di garantire un servizio a tutti i suoi pendolari non sono certo loro a doverne pagare il prezzo. Raddoppiato peraltro. Chi viaggia tutti i giorni sulla linea Roma-Cassino sa bene a quali disagi vanno incontro un giorno sì e l’altro pure i pendolari. Parliamo di treni super veloci che colleghino Milano-Parigi in mezz’ora, ma non riusciamo a portare a casa migliaia di persone che per quaranta minuti di viaggio impiegano ore e ore.

Non è colpa del controllore, in definitiva lui fa il suo lavoro. Ma è impensabile chiedere a un pendolare che ha già subito un danno di scendere dall’unico treno che è certo parta. Sono le 18:30, sul treno delle 16:55 gli animi si scaldano. Nessuno vuole scendere. Per svuotare il treno qualcuno ha una trovata geniale: annunciare che è in partenza il treno delle 18:42. L’effetto è immediato, chi non ha bagagli troppo pesanti corre fino al binario 23, dove c’è il treno in attesa. Scopriranno troppo tardi che sono stati gabbati, perché appena si svuota le porte del treno delle 16:55 si chiudono e finalmente si parte. F

In attesa della fase III

Tutto ciò è successo domenica 26 luglio. Cosa accadrà in un normale giorno di ottobre, per esempio? Se le Università riprenderanno le lezioni in presenza ci saranno migliaia di studenti in viaggio. Se gli uffici riapriranno ci saranno migliaia di pendolari a riempire vagoni che possono ospitare solo la metà di quelle persone. Sembra chiaro che vigeranno ancora le norme anti-Covid ed è chiaro anche che non verranno aggiunte corse in più né convogli più capienti. E quando i treni subiranno guasti, cancellazioni eccetera con che coraggio si impedirà a chi ha pagato regolarmente un biglietto di salire sull’unico treno disponibile?

Articolo di MIRIAM GUALANDI

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