FARE Festival a Cave, l’intervista ai direttori artistici Francesco e Simone

Spettacoli, workshop, sinergie, pratiche, teorie. Tutto questo e molto altro nella prima edizione del FARE Festival, la kermesse di arti performative, teatro, musica, danza a Cave. Dal 6 al 12 maggio

2024 la città si anima dando vita agli spazi del vivere comune: dal teatro comunale Milco Paravani al Museo Lorenzo Ferri, passando per diversi altri luoghi del tessuto urbano. Un modo per connettere e connettersi alla pratica culturale del costruire cittadinanza attraverso il fare arte.

GUAI è il tema della prima edizione di FARE Festival. Abbiamo intervistato i direttori artistici Francesco Bianchi e Simone Chiacchiararelli.

Come nasce l’idea di Fare Festival?

Simone«L’idea di FARE Festival nasce lontano, nasce nel tempo, nel mondo dei desideri. Nasce guardando le cose belle, cercando di rifarle. Nasce innamorandosi di quello che certi incontri possono darti. Ricordo Milco Paravani, la persona sotto la cui ala, teatralmente parlando, io e Francesco siamo cresciuti. Ricordo quando lui, professionista del teatro, portava qui, a Cave, professionisti del teatro. E io, noi, ci innamoravamo. Ricordo che spesso pensavo “Se è così bello forse allora voglio farlo anche io”. E poi l’ho fatto. L’abbiamo fatto. E ci piacerebbe piantare un altro semino in quella terra dissodata da Milco. Da Milco e da tutta la rete teatrale che lui ha costruito su questo territorio. Un semino piccolo di cui abbiamo scelto di prenderci cura. E chissà che non inizierà a fiorire, un giorno. Noi siamo qui per questo. È questa l’idea di FARE Festival. Un piccolo puntino verde che speriamo continui ad espandersi nel tempo, a crescere.

Francesco: Ci siamo guardati, dopo tanto peregrinare, dopo tanto teatro fatto in giro per l’Italia e per il mondo, e ci siamo detti che se è possibile, allora vogliamo tentare. Non ci bastava più andarci a cercare la bellezza altrove, essere sempre noi i pellegrini. FARE Festival è l’idea più naturale che ci è venuta a questo punto, l’idea di cominciare noi un processo. Di dare una piccola spinta  una pallina che speriamo continui a muoversi».

Perché farlo a Cave?

Francesco«Cave è uno di quei luoghi in cui ci si sente nell’orbita gravitazionale di un pianeta, o se vogliamo di un “buco nero”. In questo caso quel centro di gravitazione si chiama Roma. Si dice sempre “da Cave a Roma”, mai il contrario. Per diverse ragioni io e Simone siamo tornati a Cave dopo anni di viaggi, di scoperte, e allora la necessità di fare qualcosa qui, di FARE, si è fatta impellente. Ed era necessario che fosse qui, nel paese che amiamo, in uno dei tanti paesi che soffrono una lontananza ma anche una vicinanza che non permette loro di esprimersi al completo. Portare qui l’arte che frequentiamo, il teatro e la performance, nel modo in cui la facciamo noi qui e altrove, ci è sembrata la cosa più giusta. Anche per ridare a Cave quello che ci ha dato, la possibilità di guardarci “da fuori” e di tornare “dentro”. FARE Festival a Cave per noi significa fare comunità, dialogare, e non c’era altro luogo che qui. È FARE casa, anche».

Simone: «E vogliamo che questo semino inizi a germogliare qui, nello stesso posto in cui noi abbiamo iniziato a crescere noi. Troppo spesso si dice che qui non si fa niente, che non si può fare niente. Ma a noi non piace la retorica. Pensiamo piuttosto che qui si possa e si debba FARE. Ora noi iniziamo con FARE Festival già con mille altre idee e mille altre suggestioni. Noi abbiamo voglia di FARE e abbiamo voglia di farlo qui. Sul nostro territorio, nel nostro paese. Per lavoro, come professionisti dello spettacolo, spesso andiamo in giro. In Italia, in Europa, nel Mondo. E vediamo, ci ispiriamo. Io spesso vado in giro rubando idee che vedo fuori pensando subito “questa la potrei fare a Cave”. È pieno il mondo di belle realtà, anche piccole, che funzionano. Abbiamo amici che in altre parti d’Italia stanno proponendo questo genere di punti di vista. Vogliamo anche noi fare parte di questa rete. E vogliamo che il paese di Cave ne sia parte. Cave è particolare per questo. Siamo abbastanza vicini a Roma ma non abbastanza lontani. Spesso rinunciamo a creare qui perché possiamo trovare lì. Per quanto riguarda l’offerta di spettacolo, Roma è un mercato a cielo aperto. E tanti di noi prendono macchine, treni o autobus per vedere uno spettacolo, o una mostra, o un concerto. Perché non pensare anche al contrario? Perché non cercare di colmare un vuoto? Non è una questione di autarchia. È che ci piacerebbe allargare. Più siamo, più si allarga la comprensione».

Come sarà strutturato il Festival?

Simone«Il Festival sarà articolato in una settimana. Ci saranno alcune iniziative che lo attraverseranno durante tutti i giorni come lo Spazio Sonoro del musicista Lemmo nel trenino dell’ex stazione, la mostra fotografica del Circolo Fotografico Aperture e Cordata, la Performance Sonora di Chiara Bersani. Questa è una proposta particolare che regaliamo a chi vorrà usufruirne. Spargeremo nel paese delle cartoline raffiguranti degli scorci di Cave sul cui retro ci sarà stampato un QR Code. Scansionandolo si arriverà ad una registrazione che si potrà attivare sempre ed ovunque. Rimane solamente scegliere un posto in cui contemplare un bel panorama e godersi l’ascolto. Poi ci saranno anche eventi singoli come la presentazione del libro di Emanuele Aldrovandi in collaborazione con Caffè Corretto, incontri di libroterapia, degli approfondimenti teorici. L’offerta principale è sicuramente quella dei workshop e degli spettacoli. Nel primo caso, che noi abbiamo voluto chiamare Pratiche, proporremo tre iniziative: un laboratorio aperto alla cittadinanza condotto da Giuseppe Comuniello e Camilla Guarino che da anni lavorano su pratiche di accessibilità della danza per un pubblico di persone cieche e/o ipovedenti. Sarà dal 6 all’8 e prevederà una restituzione pubblica il 12 maggio. Ci sarà un workshop di Andrea Cosentino aperto ad amatori e professionisti a tema maschera e clown. Infine Serena Sinigaglia condurrà un laboratorio che accompagnerà chi vorrà partecipare attraverso la formazione di una “cassetta degli attrezzi” che potrà usare per la creazione di un proprio progetto. Un progetto teatrale, performativo, creativo in generale, un progetto di vita. Entrambi questi workshop si articoleranno tra il 9 e l’11 maggio. Per quanto riguarda gli spettacoli invece nel weekend ospiteremo 4 spettacoli. Arianna Primavera con Tremenda insufficienza dei nostri cuori, uno spettacolo di una giovane attrice che sviscera il temi molto cari alla generazione dei trentenni di oggi. Francesca Astrei presenterà Mi manca Van Gogh, spettacolo vincitore del premio FringeMi attraverso cui miscelerà ironia, crudezza e contemporaneità in un mix fuori dal comune. Poi sarà la volta di Alessandro Sesti con il suo Ionica, spettacolo che, nella cornice del teatro di narrazione accompagnato da elementi di live music, affronterà il tema della mafia. Infine chiuderà i tre giorni di spettacolo il premio Ubu Andrea Cosentino col suo Kotekino Riff, che lui stesso definisce come “un coito caotico di sketch interrotti, una roulette russa di gag sullidiozia, un fluire sincopato di danze scomposte, monologhi surreali e musica”».

Principali obiettivi?

Francesco«Il primo obiettivo è aprire le porte della città. Fare, FARE in modo che Cave e la sua cittadinanza possano essere un pubblico per il teatro indipendente e professionistico, per la performance più all’avanguardia, per tutto un dialogo artistico che troppo spesso ignora la provincia. La cosa bella di un festival di arti performative è che permette di entrare immediatamente in una rete di altri festival, di altre realtà attente alla cultura e alle arti, e di cominciare a dialogare con loro. La nostra idea è che ci sia uno scambio a due direzioni: chi vive qui potrà aprirsi a un’offerta nuova che viene da tutta Italia (e non solo), e ciò che succede qui potrà attirare persone che verranno a passare tempo e a FARE in città, a Cave. Diventare un punto nel tempo e nello spazio di cui ci si possa ricordare, insomma».

Simone«Gli obiettivi di FARE Festival sono vari e molteplici. Direi che il primo sia FARE Festival. Cioè FARE, fare. E anche Festival. Nel senso di festa. Costruire comunità, intessere reti, allargarne le maglie, conoscere, gioirne, vivere il paese. Ma anche far vivere il paese nel senso di iniziare a creare un indotto. Inviteremo persone da fuori e speriamo che altre verranno attirate. E quindi strutture ricettive, negozi, attività potranno beneficiarne. E poi queste persone, magari, potranno spargere il bel ricordo che si saranno create in questi luoghi. Altro obiettivo è anche quello di offrire alla rete teatrale di Cave (che è molto forte e radicata, specialmente a livello amatoriale), la possibilità di allargare i contatti. Cercare di portare un altro tipo di offerta, di arricchire la proposta culturale».

Ringraziamenti?

Simone e Francesco«Ringraziamo in primis il Comune di Cave e la Pro Loco per la fiducia che ci hanno accordato fin dalle prime battute. Ci sono stati vicino e ci stanno accompagnando passo passo lungo questo tragitto. Ringraziamo anche tutta la rete di sponsor che ci ha supportato nel continuare a dare forma alle nostre idee, suggerendocene anche di altre, camminando con noi. Un grazie va anche agli artisti e alle artiste che hanno accolto la nostra idea e che porteranno i loro lavori qui, ad un pubblico nuovo. Ringraziamo Milco per aver dissodato la terra su cui stiamo camminando, per aver piantato i primi semini. Noi ci siamo, Mì, continuiamo ad annaffiare e a piantarne di altri. Ringraziamo la comunità di Cave, le persone che ci hanno ascoltato con curiosità, e che speriamo possano accettare la scommessa di venire al Festival e di scoprire quello che abbiamo pensato per loro e con loro».

Manuel Mancini

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