Continuano ad aumentare gli incidenti sul lavoro

Continuano ad aumentare gli incidenti sul lavoro. Secondo i dati pubblicati dall’Inail e relativi a gennaio 2022, le denunce di infortunio presentate all’istituto lo scorso mese sono state 57.583, con un aumento del 47% rispetto allo stesso mese del 2021 e del 23,9% su quello del 2019. Quelli delle donne, ed è forse il dato più rilevante, sono cresciuti più rapidamente (+ 61,9%) e superano nel mese quelle degli uomini (+34%). Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate nel mese di gennaio 2022 sono state 46, cinque in più rispetto alle 41 registrate nel primo mese del 2021 e sei in meno rispetto alle 52 del gennaio 2020. Bisogna però fare attenzione al fattore Covid.

Lo stesso Istituto afferma infatti che il confronto sul singolo mese “potrebbe rivelarsi poco attendibile rispetto al trend che si delineerà nei prossimi mesi. Per un’analisi più indicativa dell’andamento sarà necessario attendere un lasso di tempo maggiore, anche per tener conto di eventuali ritardi nelle denunce di infortunio, in particolare di quelle da contagioCovid-19”. L’analisi territoriale evidenzia un incremento delle denunce di infortunio in tutte le aree del Paese: più consistente nel Nord-Ovest (+79,7%), seguito da Sud (+53,5%), Centro (+36,6%), Isole (+32,0%) e Nord-Est (+22,0%).

Gli infortuni sul lavoro con esito mortale presentati all’Istituto nel mese di gennaio 2022 sono stati 46, cinque in più rispetto alle 41 denunce registrate nel primo mese del 2021. Il gennaio più nero è stato quello del 2020 con 52 lavoratori morti. L’Inail ha registrato anche un incremento dei casi in itinere passati da 7 a 13. Da puntualizzare come lo scorso anno però i lavoratori in smartworking erano di più rispetto ad oggi. L’aumento ha riguardato l’Industria e servizi (da 35 a 39 denunce) e l’Agricoltura (da 3a 4). Le morti ci sono perché non si applicano i protocolli di sicurezza, perché alcuni contratti sono meno tutelanti di altri, perché molti lavoratori lavorano in nero senza diritti, perché non si fa abbastanza formazione. E succede anche perché ci sono pochi controlli e soprattutto pochi controllori. I dati resi noti dall’Inail sulla sua attività di vigilanza per il 2019, l’anno che ha preceduto la pandemia, sono allarmanti: circa il 90% delle aziende ispezionate risulta irregolare. E parliamo di appena lo 0,5% ispezionato sul totale, il che fa pensare che la situazione sia potenzialmente ancora più drammatica.

Basti pensare che nei primi tre mesi di quest’anno all’Inail sono arrivate 185 denunce di infortunio mortale, 19 in più del 2020. Le verifiche oggi sono poche perché mancano gli ispettori: parliamo di sole 2.561 unità attualmente impiegate dall’ispettorato nazionale del lavoro (Inal), persone di età media molto alta. Per tali ragioni servono controlli più capillari, più rispetto per i lavoratori e le leggi e un monitoraggio attento del territorio per intervenire laddove urge a tutti i livelli. La tutela della legalità viaggia in parallelo con la salvaguardia della sicurezza e talvolta della vita dei lavoratori. Le leggi ci sono, ma troppo spesso non sono applicate né rispettate da chi ha il dovere di salvaguardare la salute a norma dell’articolo 2087 del Codice civile, e cioè il datore di lavoro.

Per questo motivo, è necessario lavorare soprattutto su una maggiore “cultura della sicurezza” che coinvolga tutti, dal datore di lavoro al lavoratore, dai sindacati alla società civile. Serve destinare maggiori risorse nei servizi degli ispettorati (ispettori del lavoro e ispettori anti-infortunistica delle Asl) per potenziare i controlli in via preventiva e per fare rispettare le norme. Dare una stretta sui controlli, intensificarli, sarebbe già un primo, importante passo, perché significa verificare che il contratto corrisponda esattamente alle mansioni che il lavoratore svolge, che siano previste le ferie, la malattia, che sia rispettato il diritto ad aderire al sindacato e tutte le tutele figlie di molte battaglie sociali.

Articolo a cura di REDAZIONE

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