Non si può morire per uno stage

Abbiamo letto, anche di recente, di morti sul lavoro di ragazzi che si prodigavano sul mondo del lavoro, affrontando stage in fabbriche e/o attività, con la possibilità che gli veniva fornita dalla scuola, per fargli conoscere il mondo del lavoro con l’alternanza scuola-lavoro. Abbiamo lette diverse testimonianze, riportati anche su giornali e/o telegiornali, su tragedie di ragazzi, anche minorenni che affrontano l’alternanza scuola-lavoro. La più recente, riguarda Lorenzo, morto a 18 anni all’ultimo giorno di tirocinio ad Udine. Forse la più terribile è stata la formula usata in qualche titolo “Lorenzo morto a 18 anni di alternanza scuola lavoro”. Una visione miope e ancor più colpevole perché puntando il dito contro la riforma (necessaria) del percorso scolastico, si è per lo più distolto lo sguardo dal vero problema: la sicurezza sul lavoro e basta.

Solo da inizio anno sono avvenuti 28 incidenti mortali sul lavoro, più di uno al giorno, secondo l’osservatorio nazionale. Numeri in linea con quelli del 2021 che contano ben 695 lavoratori morti per infortuni avvenuti sul luogo di lavoro (oltre 1400 considerando anche gli infortuni in “itinere”). Lorenzo Parelli è solo un numero di questa guerra quotidiana. Certo, fa più rumore perché aveva 18 anni e in quell’azienda di carpenteria Lauzacco di Pavia di Udine era solo in stage. L’ultimo giorno di formazione nell’ambito di un progetto di alternanza scuola-lavoro si è trasformato in tragedia perché è rimasto vittima del crollo di un pesante tubo. Sarà la Procura di Udine a dover far piena luce e accertare le responsabilità. Di certo in troppi e con troppa foga si sono scagliati contro l’alternanza scuola-lavoro.

Certo, la giovane età della vittima, così come nel caso di Luana D’Orazio, la giovane operaia morta il 3 maggio 2021 in un incidente sul lavoro nell’azienda tessile, ha provocato quel moto morale e moralista proprio di una emotività che agita la pancia di un paese troppo spesso privo del necessario raziocinio. A volte bene quindi fermarsi, prendersi il tempo di analizzare le cose con il necessario distacco. Forse l’unico modo per rendere giustizia a ogni vittima e a quella di Lorenzo in primis. Quasi tutti, sicuramente in troppi, invece hanno spostato l’attenzione dalla luna al dito, parlando di scuola e di una attività in azienda propria della formazione. Lorenzo frequentava una scuola professionale e nelle scuole professionali sia in terza che in quarta sono sempre esistite ore di stage o di tirocinio. Ben prima di quella che molti hanno indicato come famigerata riforma Renzi. Non si tratta di liceali rivestiti da saldatori: nelle scuole professionali si impara un mestiere. Un po’ di teoria per comprendere il funzionamento delle macchine e soprattutto tantissima pratica, in laboratorio e poi nelle aziende dove fare esperienza.

Quelle stesse aziende in cui con molta probabilità andranno proprio a lavorare. Per questo non la scuola ma la sicurezza sul lavoro dovrebbe essere sotto osservazione. Eppure dopo la tragedia di Udine è tornato virale l’intervento dello storico Alessandro Barbero che nel 2017 tuonava contro la riforma della “buona scuola” inserendola nel solco del declino della scuola pubblica italiana partito con la riforma Berlinguer. In particolare Barbero lo si sottolinea per la critica all’alternanza scuola lavoro che avrebbe fatto perdere valore alla scuola. Se davvero più ore di latino, o di cultura in genere, possano aggiustare la scuola davvero è difficile saperlo. Quello che è certo è che con più ore di cultura al posto di ore tecniche, pratiche e lavorative con ogni probabilità la dispersione scolastica aumenterebbe e non si darebbe una risposta alle domande che da anni il mondo del lavoro rivolge al mondo dell’istruzione.

La scuola è giusta? No! Anzi: servirebbero docenti preparati seri, rigidi e metodici alle elementari e alle medie, capaci di insegnare il rispetto per la scuola e per i valori sociali. Una volta arrivati alle superiori è tardi. Lo stesso modello di alternanza scuola lavoro come molti hanno fatto notare necessita di un tagliando. Ma chi critica gli stage come fucina di nuovi schiavi dimentica come spesso, ma per fortuna non sempre, agli istituti professionali vadano chi non ha molte alternative. Fuori da ogni inutile moralismo fornire una scuola di cultura a chi vuole imparare un mestiere non aiuterà di certo costoro a trovare un posto dignitoso nel mondo. Vale la pena ribaltare dunque il pensiero e dare al carpentiere la stessa dignità di un medico. Gli operai non sono ignoranti, né poverini, né tantomeno ultimi. Per questo non possiamo affermare che Lorenzo è morto per l’alternanza scuola lavoro. Facciamo un danno alla sua memoria, alla sua famiglia e alla realtà. Presto il suo nome resterà un numero delle statistiche degli operai morti sul lavoro.

L’unico vero rispetto che possiamo portare alla sua memoria è quello di urlare ancora una volta, ma per davvero, per maggiori tutele della sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro, e perché la scuola non lasci indietro nessuno, né faccia sentire nessuno ultimo, che non solo assicuri stagisti e tirocinanti, facendosi carico di tutta la formazione di sicurezza richiesta. Ma fuggiamo dall’idea che allontanandosi dai banchi di scuola ci si educhi allo sfruttamento. Così possiamo rendere giustizia a una perdita che resta sempre inaccettabile. 

Articolo a cura di ANNALISA CAPPA, SAFETY & SECURITY ARTENA

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